Stati Uniti, Contea di Lincoln, deserto del Nevada. A nord di Las Vegas, una terra aspra dai tratti selvaggi e primitivi fa da scenario a una delle più straordinarie e immaginifiche installazioni ambientali esistenti: “City”,
un’operazione incredibile di landscape design cominciata negli anni Settanta da uno dei padri fondatori della Land Art, Michael Heizer.
50 anni dopo, con ben 40 milioni di dollari spesi e 240.000 tonnellate di terreno rimosso, quella porzione di paesaggio desertico ha assunto i contorni di una città fantascientifica, e le dimensioni dell’opera d’arte contemporanea più vasta al mondo.
Nomen omen, del resto. L’incredibile labirinto che si snoda per 2,5 chilometri tra terrapieni sagomati, depressioni, platee e forme sinusoidali, fatte di terra, argilla, roccia, sabbia o cemento, da vita a una vera e propria città a cielo aperto, sebbene priva di abitanti e di tutte le forme che solitamente la costituiscono, una città dove giochi altimetrici e spazi geometrici riecheggiano le ambientazioni da film di fantascienza – in molti hanno pensato al recente Dune di Denis Villeneuve – ma che in realtà attingono a un immaginario che proviene dal passato più remoto, dai grandiosi monumenti celebrativi di antichissime civiltà come gli Egizi o i Maya.
Heizer sceglie così questa porzione di territorio per la sua lontananza dalla civilizzazione, volendo sprigionare il potenziale dell’arte al di fuori dei mondi predefiniti che normalmente abitiamo, sottolineando le dissonanze e gli stridori di cui vive la società moderna. City è un’opera consapevole del primordiale impulso dell’uomo a costruire; relativizza la classica dimensione spazio-temporale, trasporta il suo ospite in visioni futuristiche, allarga il campo d’azione possibile dell’arte fino a farlo coincidere con la realtà assoluta.
Il minimalismo delle forme di City si accompagna alla ricerca di materiali raccolti con mezzi poco invasivi, in modo tale da non sconvolgere l’habitat delle piante autoctone e della fauna selvatica. La volontà di agire in un luogo solitario ha portato l’artista alla comprensione della sua limitatezza di fronte al cosmo e alla forza della natura. Il dispiego di energie umane, mezzi meccanici e risorse finanziarie nella riflessione di Heizer è nulla di fronte ai tempi della natura e alla sua forza primordiale: i segni lasciati dall’uomo sono destinati ad essere riassorbiti dai processi naturali.
Anche per questo l’area circostante City è stata integrata al Basin and Range National Monument, preservandola per le generazioni future.
Oggi, dopo mezzo secolo di lavori, la città di Heizer è visitabile, anche se sarebbe meglio dire percorribile, in un’esperienza che ha del metafisico, e che per questo va vissuta in solitudine: solo sei visitatori al giorno, previa prenotazione e con condizioni meteo favorevoli, potranno addentrarsi nel labirinto di City. Nessun cartello, nessuna segnaletica esplicativa: l’esplorazione deve avvenire in maniera istintiva, ancestrale.
“Sto costruendo tutto questo per dopo.
Sono interessato a realizzare un’opera d’arte che rappresenterà tutta la civiltà fino a questo momento.”
Michael Heizer